La storia

Bagnata dai torrenti Bagnone e Mangiola, la località è costituita da quattro frazioni sparse nel dolce declivio collinare: Mochignano di Sopra, Mochignano Chiesa, Cà Zani e Cà Maffei. Il nucleo originario era in Mochignano di Sopra in prossimità del quale, in tempi assai lontani, una grossa frana seppellì il comune di Paneschio, antica frontiera dove si riscuotevano dazi e gabelle. La vicina località di Agnano, divenne così il Monco di Agnano, a causa della frana, e quindi Moncognano, Mocognano e infine Mochignano. La spaventosa ferita della montagna, e gli avanzi rovinosi delle poche casupole scampate al rovinare dei massi e della terra, ormai coperte dalla rigogliosa vegetazione, sono ancora ben visibili. La Chiesa, che è in Mochignano di Sotto, è la risultante di vari e successivi rifacimenti e restauri effettuati su una vecchia costruzione edificata prima del 1200. La piccola cappella inizialmente intitolata a San Bernardo (nel libro dei riti da osservare restano ancora iscritti gli obblighi per la festa di tale Santo), doveva avere inizialmente una certa dipendenza dalla chiesa dei SS. Ippolito e Cassiano in Pieve, prima di costituirsi in parrocchia con dignità di Rettoria e con il nome di Santa Maria Assunta che si mantiene tuttora. I primi atti esistenti in archivio sono Certificati di battesimo che risalgono al 1516. La chiesa venne più volte ingrandita e ristrutturata, in stile neo classico, con linee pulite, forse resa un po’ sproporzionata nelle misure (troppo lunga per la larghezza), quando nel 1883, viene effettuata l'aggiunta della parte iniziale, sottraendola al cimitero antistante l'edificio. Cimitero poi del tutto scomparso eccetto che nel nome ancora attuale di "cimteri", mantenuto al piazzale che fa da sagrato alla chiesa e che è stato anch'esso recentemente totalmente rifatto. Sopra la porta d'ingresso, un’iscrizione ricorda l’ultimo importante intervento, a chiusura del Concilio Vaticano. All'interno, le decorazioni di ispirazione paleocristiana sono del pittore triestino Domenico Bartoli, mentre le didascalie, tutte in italiano, sono tolte dal deposito dottrinario paolino. Di particolare effetto, ed artisticamente pregevole, la collocazione nella parete di fondo del Tabernacolo, in legno oro zecchino autentico risalente alla fine del secolo scorso, dominato dalla grande Croce in legno di nuova ma classica ed artistica fattura artigiana. Anche qui, come in tutta la vallata lunigianese, si è fortemente sentito il calo demografico del dopoguerra ma il borgo è vivo e vitale grazie soprattutto ai suoi abitanti che mantengono produttiva la loro terra di collina aperta e solatia, e forse da questo loro tenace sofferto rimanere quassù, non è estranea la generosità e la profumata delicatezza del buon vino della loro terra, da sempre ritenuto fra i migliori della zona e dell'intera Lunigiana.

Alcune delle foto di questa pagina sono tratte dall'Archivio Fotografico di Paolo Raffaelli costituito da 318 dagherrotipi, recentemente digitalizzati per l'Archivio Museo della Memoria di Bagnone. Paolo Giuseppe Antonio Ernesto Andrea Raffaelli visse a Bagnone dal 14 gennaio 1873 al 14 settembre 1943. La sua passione per la fotografia ha documentato in prevalenza l'ambiente della Lunigiana storica del primo ventennio del secolo XX.